I fumettisti hanno diritto alla pensione?
Dal momento che desidero, come molti altri, intraprendere la professione, e che il tempo degli idealismi è mio malgrado finito, mi sono posta diverse volte il problema.
Anche Mattia Bulgarelli, la cui preparazione è principalmente quella di un economista, si è posto il problema nel suo blog. Le conclusioni non sono rassicuranti. Si può fare qualcosa?

Un fumettista ha diritto alla pensione?
Se sì, come?

L'argomento è davvero importante, perciò bando alle ciancie.

Le mie credenziali le sapete: laurea in Economia; lavoro nel settore assicurativo, in particolare per il risparmio e la previdenza individuale e per le piccole aziende; ho un sacco di amici fumettisti; la mia futura moglie, Manuela, è un'ex-fumettista (in futuro si vedrà) ed illustratrice freelance.

Questi amici e Manuela vorrebbero sapere se un giorno avranno mai la pensione, e alle prime indagini si sono accorti che è un ginepraio.


Partiamo dall'idea che mi sono fatto in più di un lustro di frequentazioni di professionisti del settore: i fumettisti sono una categoria in gravissimo svantaggio, dal punto di vista della forza contrattuale.

Sono sempre di più come numero: dozzine, forse centinaia, di nuovi autori escono dalle scuole di fumetto ogni anno.
Molti di loro sono pure bravi, pochi di loro hanno un'idea precisa di cosa voglia dire mettersi in proprio. Quasi nessuno ha una formazione di Diritto, di previdenza o di Economia in generale, neanche basilare, ed è normale e comprensibile: il vero problema è che, lavorando tendenzialmente separati, non sanno, spesso, a chi riferirsi per avere notizie affidabili su questi argomenti.

Gli editori italiani sono pochi e piccoli (Bonelli è un caso unico, fa genere e specie a sè), e, mediamente, non sono granché preparati in materia di previdenza.

E questo ancor prima di contare l' "allergia" che sembrano dimostrare verso i contratti in forma scritta, credendo, forse a ragione forse a torto, di avere una maggiore forza contrattuale sull'autore.

La tendenza degli ultimi anni è, per la basilare legge della domanda (di fumetti, calante) e dell'offerta (di disegnatori, crescente) di pagare sempre meno.
E non parliamo, perché non è l'argomento che m'interessa ora, del lungo elenco di casi di pagamenti arrivati parzialmente, in ritardo, o mai arrivati.

Oltre ad un ricavo per ora di lavoro decisamente modesto, che non gli fa venire certo voglia di pagare un avvocato o un commercialista per andare a caccia di soluzioni, il fumettista soffre anche di un problema che è fondamentale per stabilire se ci sarà una pensione oppure no: non sa cos'è e non sa cosa fa.

Il fumettista è un artigiano?
Il fumettista è un libero professionista?

Il fumettista vende diritti d'autore?
Il fumettista vende prodotti finiti?

Un colorista, che compie una parte intermedia del lavoro necessario tra l'idea e la stampa, svolge un lavoro classificabile come "opera dell'ingegno"?

La questione non è una futile catalogazione da entomologo, ma crea differenze maledettamente concrete nei diritti e negli obblighi che il fumettista ha con il fisco, con l'INPS e, naturalmente, con l'editore.

A questo aggiungiamo anche la spinosa faccenda che, alla mancanza di un contratto scritto, spesso si tende a classificare i lavori come Co.Co.O., anche quando il lavoro del fumettista è, beh, un vero lavoro, a tempo pieno, che richiede una preparazione specifica, non diversamente dal mestiere dello scrittore o del pittore.

Aggiungiamo che la normativa italiana sul diritto d'autore è orribilmente vecchia e lacunosa, e che tutte le raccolte di leggi (non solo sul diritto d'autore) online sono parziali, poco aggiornate, e tutte non ufficiali.
Le migliori sono quelle aggiornate da società private specializzate, per le quali bisogna pagare gli aggiornamenti.


Inizia una nuova grande missione: cercare di capirci qualcosa!


Nel prossimo episodio: Cos'è una Pensione e chi ha diritto ad averla?

 Sorry, this post is Italian only as it is about Italian legislation. 
Can an Italian comic artist go into retirement? Is it his right? Apparently not. 
From Mattia Bulgarelli's blog, a reflection about this. Mattia speaks excellent English and in case you are interested, he can explain the matter for you.
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